Il Carnevale a Napoli è una festa molto sentita e forte è il legame della città con le sue maschere, a partire da Pulcinella.
Nella città di Napoli, il Carnevale affonda le sue radici in una lunga e affascinante storia che si intreccia con secoli di cultura e evoluzione sociale. In principio, una festa per l’aristocrazia locale, col passare del tempo prevalse il carattere popolare e a partire dalla seconda metà del XVII secolo, anche la gente comune decise di far sentire la propria voce e invase le piazze con scherzi, travestimenti e allegria.
Fu poi con il regno di Carlo di Borbone, che fu un promotore entusiasta delle festività, che si iniziarono a organizzare grandi sfilate, maschere e carri in tutta la città. Tra i principali eventi, spiccava la cuccagna, simbolo di abbondanza. Contestualmente, presero piede le maschere storiche, amatissime da tutti anche oggi: Pulcinella, Tartaglia e Scaramuccia, figure emblematiche e anima del Carnevale partenopeo.
Tutte legate alla commedia dell’arte, queste tre maschere hanno avuto successo in tutto il mondo, ma quella che è rimasta l’icona di Napoli è sicuramente la maschera di Pulcinella. La maschera nasce ad Acerra nel Seicento, creata dall’attore Silvio Fiorillo, ma il suo aspetto moderno fu definito da Antonio Petito nell’Ottocento: le sue fonti di ispirazione sono ancora oggi incerte.
Pulcinella è un personaggio iconico della commedia dell’arte, noto per la sua pigrizia, voracità e ironia. È astuto, ma anche un grande chiacchierone, capace di prendere in giro i potenti e riflettere le contraddizioni della società napoletana. Nel teatro dei burattini, diventa un eroe irriverente, che affronta e vince le sfide quotidiane. Il primo Pulcinella fu Andrea Calcese, ma questa maschera è stata indossata negli anni anche recenti da grandi attori, da Eduardo De Filippo a Massimo Troisi, passando per Massimo Ranieri.
Quella di Tartaglia è una delle maschere emblematiche della commedia dell’arte, nata a Genova all’inizio del Seicento. Secondo altre fonti, la maschera avrebbe origini veronesi e comunque in Veneto si diffuse presto. La sua figura, che trae ispirazione dal personaggio del dottore, si distingue per la sua goffaggine e la sua corpulentità, con un volto privo di barba e baffi e la testa rasata.
Il suo nome deriva dalla sua balbuzie e dalla miopia che caratterizzano tutta la sua comicità, rendendolo un personaggio comico ma privo di profondità umana. La maschera di Tartaglia ha trovato grande popolarità a Napoli, in particolare grazie all’interpretazione vivace dell’attore Carlo Merlino. Siamo a metà del Seicento, ma è soprattutto con Agostino Fiorilli, che la maschera ottiene la massima popolarità.
A proposito dei Fiorilli, famiglia di comici dell’arte che da Napoli conobbe gloria in tutta Europa, dobbiamo a uno di loro la nascita del personaggio di Scaramuccia, oppure Scaramouche, come lo conosciamo oggi in tutto il mondo. Stiamo parlando di Tiberio Fiorilli, il quale nato a Napoli fu direttore della Comédie-Italienne al teatro dell’Hôtel de Bourgogne di Parigi e grande amico di Molière.
Dopo aver inventato Scaramuccia ed essersi esibito in tutta Italia, Fiorilli divenne una figura di spicco a Parigi, grazie al favore di Luigi XIV. Noto per la sua abilità mimica e la sua naturale festosità, il suo Scaramuccia divenne Scaramouche grazie all’amicizia proprio con Molière. In Italia, è tornato popolarissimo grazie alla serie televisiva “Scaramouche”, interpretata da Domenico Modugno nel 1965
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